LIBERO DI ESSERE SCHIAVO - parte 1 - Sardegna Trasgressiva

LIBERO DI ESSERE SCHIAVO - parte 1 - Sardegna Trasgressiva

Dopo essere arrivato nella sua città in treno mi incamminai a piedi verso casa sua tra le strade di quella grande metropoli. Vagavo ormai da mezz’ora guidato dall'app del telefono e in quell'arco di tempo ebbi modo di riflettere sulle molteplici cose che mi avevano portato ad affrontare quella insolita situazione.
Se da una parte trovarmi li quel giorno mi sembrava l’ovvia conseguenza di come si era sviluppata la mia vita, dall’altra troppe cose ancora mi sembravano forzate per come fino a quel momento avevo sempre dovuto ragionare per nascondere la mia natura di sottomesso.
Essere di indole feticista e sottomesso dalla nascita non era mai stato facile ma fino a quel momento non avevo mai dovuto considerarlo un problema far coesistere questo mio lato più istintivo e quello di facciata che mi ero lentamente costruito per forza di cose negli anni, cioè stereotipato e conforme agli standard del classico uomo comune che fino a quel momento aveva sempre oscurato chi mi sentissi veramente nel profondo.
Mentre camminavo ricordai che sin dai primi anni adolescenziali quando provavo ad eccitarmi avevo sempre fantasticato solo su donne dominanti intente a sottomettere una o più persone, e negli anni avevo sempre sentito solo questa esigenza e non ero mai riuscito ad appassionarmi come tutti ai più classici film porno o riviste ecc..
Su certi aspetti intimi avevo sempre avuto l'impressione di sentirmi diverso praticamente da tutti e sessualmente mi sentivo sempre come una specie di alieno che si aggirava in mezzo agli esseri umani cercando di mimetizzarsi tra di loro o di trovare un proprio simile con cui sentirsi meno solo, ma sempre in vano.
Quando parlavo con gli amici di argomenti hot il mio punto di vista era sempre distante e spesso mentivo per non dire i miei pensieri reali, e il loro era sempre ed esclusivamente rivolto all'atto sessuale o a un rapporto orale ricevuto, ho sempre avuto l'idea che la maggioranza dei maschi fosse in un certo senso dominante, mentre io mi son sempre sentito all'opposto.
La cosa non si poteva ritenere di certo più semplice per quel che riguardava il mio rapporto con le donne, sin da ragazzo ne avevo conosciute e frequentate un buon numero nel mio piccolo, ma anche con loro spesso il mio coinvolgimento era troppo forzato e infatti non ebbi mai una relazione duratura nonostante lasciassi sempre un buon ricordo, specie per i miei preliminari infiniti.
Nessuna di loro però ha mai capito del perchè fossero così importanti per me quei momenti che si anteponevano al sesso, in cui cercavo semplicemente di stimolarle e vedere se in loro risedeva uno spirito dominante, ma si rivelò sempre vana la mia ricerca e presto mi accorsi che sarebbe stato difficile per me trovare una donna compatibile alla mia natura.
Quindi dopo l'ennesimo ma prevedibile buco nell'acqua sentimentale mi decisi a intraprendere una strada diversa dettata dal mio istinto e cercando un tipo di donna molto differente da quelli che erano stati fino a quel momento gli standard, in pratica mi convinsi che doveva esserci nata con la natura dominante come lo era stato per me con quella di sottomesso.
E dopo mesi di ricerche su internet conobbi su un sito dedicato agli annunci bdsm Missy, o come lei si faceva chiamare mistress Missy. Il suo era l'unico annuncio in cui si intuiva molto bene il fatto che non lo facesse per denaro, questo perchè aveva una relazione felice ma standard con un compagno che non era attratto dal mondo della dominazione femminile, mentre per lei era importante sfogare e appagare questo suo lato dominante con amici slave che selezionava con rigore e a cui chiedeva solo ore della loro vita da donarle sottomettendosi ai suoi voleri e capricci.
Quel giorno il momento di incontrarla e che attendevo da ormai troppi mesi era arrivato, e più sul navigatore del telefono diminuivano dall'arrivo prima i chilometri poi i metri, sottolineandomi impietosamente l'avvicinarsi dell'abitazione di colei che da li a poco avrei dovuto trattare come la mia padrona, più mi sentivo travolto dall'incertezza e dai dubbi che quella particolare situazione mi stava provocando.
Dopo tanti giorni di corrispondenza on-line, una breve telefonata e tanta immaginazione tutto ora stava diventando reale, forse troppo rapidamente dall’inizio di quella giornata e inconsciamente rallentai l’andatura sentendomi eccessivamente sopraffatto da quell'inaspettata incertezza dovuta a quei pensieri.
Eppure in relazioni e avventure con le donne non potevo definirmi un novellino, mi ripetevo di cosa dovessi essere preoccupato in fondo, ma nemmeno io ci credevo e sapevo benissimo che non avevo alcuna vera esperienza come schiavo e che lei non era una solo una donna come quelle da me frequentate fino a quel giorno, ma una padrona che si aspettava probabilmente una persona disinvolta nel ruolo come le dissi da quando la contattai.
Ma ormai era tardi per tornare indietro e non volevo farlo, era comunque un'esperienza che dovevo fare per il mio bene, se non fosse stata positiva avrei semplicemente continuato a essere colui che da sempre ero stato fino a quel giorno, sapevo coesisterci dopo così tanti anni in cui l’avevo fatto.
Poi tra un pensiero e l’altro arrivai al civico che mi aveva indicato, rimasi a guardarlo alcuni secondi quasi incredulo di poter vedere quel numero coi miei occhi.
Provai a ricompormi, non potevo mostrarmi in uno stato di agitazione e riuscii a calmarmi cercando di ragionare al meglio che potessi fare in quel momento.
Notai al di sotto del numero civico una serie di campanelli molto lunga, pensai che in quel palazzo dovevano vivere almeno venti unità, ma non era quello il “piano” concordato da lei e non sapevo neppure il suo cognome, per cui quei nomi sui citofoni sarebbero risultati tutti di estranei e di nessun aiuto nel caso ne avessi avuto bisogno.
Ma eravamo d’accordo che le avrei mandato un messaggio quando sarei arrivato e così provai a fare pronto a intraprendere quell’ultimo passo e a varcare quel grosso portone che sembrava rappresentare un simbolo di cambiamento della mia vita, quel cambiamento a cui ero arrivato dopo molti anni di riflessioni e dopo molte lotte interiori per decidere se fosse o meno il caso di liberare la mia natura, il mio subconscio. E finalmente seguire i miei istinti primordiali ed essere libero di donare la mia anima a una donna che potesse sistemarmi come un puzzle nella posizione corretta in cui avrei dovuto essere da sempre, cioè in ginocchio ai suoi piedi.
Come spesso però succede quando si hanno molte aspettative si rimane delusi, ma nel mio caso sembrava in maniera catastrofica. Di quel giorno ad oggi ricordo in maniera nitida due cose, una avvenne dopo e l’altra invece fu l’attimo in cui guardai il telefono pronto ad inviare il messaggio per farmi aprire il portone.
Quello fu un attimo molto intenso e carico di tensione perchè guardai il telefono e proprio in quell’istante lo vidi spegnersi facendomi temere da subito il peggio, cioè che la batteria si fosse scaricata. Avevo dato poca importanza alla cosa e con il lungo percorso a piedi sempre con il navigatore attivato lo avevo scaricato.
Pensai subito alle settimane in cui avevo atteso quel giorno, al fatto che avrei immediatamente perso credibilità e poi la sua fiducia, al bel rapporto che avevo instaurato e che temevo si sarebbe sgretolato per quella mia leggerezza, perché sicuramente lei avrebbe pensato che le avessi fatto il bidone nonostante fossi stato io a organizzare in primis quell'incontro.
Mi dissi che forse era il destino e che quel giorno doveva andare così da farmi capire una volta per tutte che quella in realtà non era la mia strada, ma non ci stetti e decisi di sfidarlo e reagire a quell’inconveniente, in quel momento il mio passato sparì e mi accorsi quanto ci tenessi veramente a fare quel passo. Pensai che il destino non poteva più fermare questo mio nuovo io deciso a conoscere il suo mondo che fino a quel momento gli era stato negato.
Ma come reagire? Suonare i campanelli a caso sarebbe stato fuori luogo e rischiavo di minare la sua privacy, ed era una cosa per me impensabile, e per quel poco che la conoscevo e mi aveva raccontato ero certo che non sarebbe uscita senza il messaggio solo per controllare. Eravamo d’accordo di passare insieme un paio d’ore tanto per conoscerci come prima volta e avevo il treno di ritorno appena in tempo, quindi dovevo trovare al più presto il modo di contattarla.
Furono minuti di grande frenesia che più passavano e più mi facevano apparire in ritardo e poi sicuramente inaffidabile ai suoi occhi e la cosa mi stava facendo perdere il controllo. Dopo aver provato in vano andando in un paio di negozi a chiedere se riuscivano a farmi caricare il telefono almeno un minimo per contattarla, trovai un tabacchino che vendeva il cavo per ricaricarlo, da me incautamente non portato da casa, e in un bar poco dopo riuscì a metterlo sotto carica così finalmente da poterla contattare.
Anche se avevo quasi un’ora di ritardo ero già molto più sereno perchè potevo dimostrarle almeno che ero li in zona, ma comunque appena acceso il telefono trovai due suoi messaggi in cui mi chiedeva che fine avessi fatto con toni abbastanza ma legittimamente irritati.
Gli risposi che avevo avuto un inconveniente, lei a sua volta mi disse che aveva aperto il portone e mi diede l’indicazione per arrivare al suo appartamento una volta entrato.
Finalmente dopo poco entrai in casa sua visibilmente provato, era fine estate e tutta quella frenesia in quello stato di ansia in cui già mi ritrovavo per le mie preoccupazioni mi portò a uno stato a dir poco affannoso e lo avrei evitato volentieri dato che era la prima volta in cui ci incontravamo di persona.
Lei era molto serena e accomodante, e dopo il saluto e due battute sulla sfortunata storia della batteria scarica mi portò in una stanza poco distante dall’ingresso, era una camera da letto coi muri rossi e mobili abbastanza comuni in stile moderno.
Parlammo un paio di minuti di argomenti futili trattati in passato per corrispondenza solo allo scopo di calmarmi al meglio dalla frenesia dell’ultima ora appena trascorsa.
Lei era una padrona atipica e di sicuro non aggressiva, per questo mi aveva preso molto conoscendola per corrispondenza, era riservata ma anche la classica ragazza socievole e scherzosa, però con l’indole di dominatrice e per me era perfetta da identificare come “la mia padrona” per queste sue caratteristiche contrastanti ma che mi rassicuravano molto essendo la mia prima volta.
Nelle settimane precedenti parlandole mi disse che mai nessuno per sua scelta le aveva leccato i piedi fino a quel giorno, perché lei era accompagnata e ai suoi slave fino a quel giorno aveva permesso solo al massimo di annusarglieli.
Sapevo che aveva un occhio di riguardo per il sottoscritto perché quando le scrissi a suo tempo che per me fosse fondamentale quella cosa del leccare, lei qualche giorno dopo acconsentì e arrivammo così ad accordarci per quella giornata senza spiegarmi nel dettaglio quella sua decisione.
Mi sentivo un privilegiato per questo dato che sarei stato il primo degno di poter passare la lingua in ogni angolo e millimetro del suo piede e mi rendeva la situazione estremamente speciale grazie a questa cosa.
Mentre eravamo li a pochi passi l'uno dall'altra durante quella breve chiacchierata distensiva lei me lo riconfermò e sentirglielo dire dalla sua voce fu molto importante per me, poi quando si esaurì l’ultimo argomento lei molto pacatamente disse con la sua voce molto delicata: “cominciamo?”
Quella parola mi provocò un blocco nei miei pensieri sapendo che da li in avanti tutto sarebbe cambiato e che ogni cosa sarebbe stata decisa da lei. E nonostante in quel momento mi sentissi finalmente schiavo come non mai prima allo stesso tempo paradossalmente sentivo un forte senso di libertà mai provato fino a quel momento.
Mi venne istintivo inginocchiarmi mantenendomi col corpo eretto a meno di un metro di fronte a dove lei nel frattempo si era seduta sul letto. Prese in mano un guinzaglio mentre io la osservavo in quello che faceva, lei se ne accorse e appoggiò l’altra mano delicatamente sulla mia testa facendo un minimo di pressione leggera su di essa e abbassandomi così dapprima lo sguardo e poi la indirizzò ulteriormente come buona porte del restante mio corpo verso il basso portandola a ridosso delle sue scarpe che ancora indossava.
Aveva un abbigliamento molto casual e domestico, una felpa chiara, pantaloni attillati in pelle nera e ai piedi sneakers nere con strisce bianche. Era un altro suo punto forte ai miei occhi perché traspariva dominazione senza bisogno di indumenti specifici al ruolo, cioè i classici vestiti in lattice, tacchi alti, ecc… Allo stesso modo mi aiutava molto a identificarla nel ruolo il suo viso da ragazza per bene, forse non bellissimo ma decisamente accattivante, particolare e raro. Era sicuramente una donna nel complesso molto bella e carismatica con un’espressione del viso spesso seria e malinconica però mai aggressiva, con dei capelli biondi lisci raccolti in una folta coda che le arrivava alle spalle di un bel corpo non eccessivamente formoso.
Oltre il discorso estetico trovai molto coinvolgente il suo stile e sapevo già da quello che mi spiegò prima di quel giorno che si ritenesse molto soft come padrona, avevamo accordato ogni cosa e sapevo cosa mi aspettasse a grandi linee ma rimasi oltremodo colpito dal suo atteggiamento sicuro e disinvolto.
Lei in pratica durante il tempo in cui dominava non parlava e non umiliava verbalmente, semplicemente “ti usava”.
Dal mio modo di interpretare il ruolo di schiavo invece mi venne spontaneo iniziare a venerarla quando mi ritrovai con la testa all’altezza dei suoi piedi e cominciai quindi a baciarle le scarpe che teneva appoggiate sul pavimento, e mi fece sentire inaspettatamente a mio agio stare in ginocchio prostrato come non lo ero mai stato prima fino a quel giorno. Poi lei sollevò da terra i piedi circa una spanna e senza che dicesse una parola mi fu chiaro che il suo era il segnale che volesse farsi togliere le scarpe e provai per dimostrarle più devozione possibile a farlo con la bocca, ma risultai credo un po' goffo e impacciato, quindi dopo un breve tentativo gliele sfilai delicatamente e lentamente con le mani cercando di farlo nel modo più sensuale che mi fosse possibile.
Indossava calze nere corte velate con una bella fantasia di fiori ricamati che risaltavano e quella visione fu la seconda cosa che non dimenticherò mai di quel giorno. Per la prima volta nella mia vita vidi i piedi di una padrona dal vero e così da vicino, non erano ne i primi ne i più belli che avessi mai visto e potuto adorare ma erano di una donna che desiderava lei farseli adorare da me e usarli su di me per torturarmi, noncurante del fatto che io lo volessi o meno, cioè la sensazione che più mi era mancata di provare fino a quel giorno: essere dominato.
Lei rimase ferma e in silenzio seduta sul letto con me in ginocchio, credo volesse capire come mi sarei comportato se fossi stato autonomo nel poter decidere come adorarla, una specie di prova. Timorosamente scelsi di prendere una alla volta le scarpe che poco prima le avevo sfilato e le annusai entrambe all’interno con lunghi respiri rimanendo accuratamente il più remissivo possibile all’altezza del pavimento ma tenendo la bocca e soprattutto il naso accuratamente il più all'interno che riuscissi.
Non aveva acceso lo stereo o altri dispositivi e nell’appartamento non si udivano altri suoni a parte il mio respiro che si sforzava al massimo di dimostrarle quanto apprezzasse quello che stava accadendo, e solo di rado si udivano passaggi di veicoli dalla strada secondaria di quel quartiere di periferia in cui abitava.
Riappoggiai le scarpe a terra in disparte e mi venne da baciargli i piedi ancora nelle calze mentre lei li teneva sospesi davanti al mio viso, e finito di dimostrarle venerazione mi venne d’istinto appoggiare il naso e annusarli, ma a quel punto mi fermò quasi subito e come se nulla fosse mi allontanò con il piede quel tanto da poter scendere dal letto ma lasciandomi nello stesso punto in ginocchio. Andò a prendere qualcosa su una scrivania vicina per poi tornare verso il letto.
Mentre guardavo per terra ,sapendo di non dover alzare lo sguardo di mia iniziativa, vidi passare nuovamente i suoi piedi che camminavano per tornare sul letto e mi prese molto ideologicamente il suo modo naturale di muoverli in quella situazione, mi dava l’idea che camminasse come se con lei in quella stanza non ci fosse nessun’altro, in quel momento mi fece sentire inesistente e insignificante per la prima volta, in pratica un oggetto, ed essendo fondamentalmente il significato di schiavo mi provocò sensazioni stupende facendomi capire quanto solo in parte contassero le pratiche che si apprestava a farmi, e quanto un atteggiamento semplice come lo era quello potesse già di per se dare un senso di dominazione maggiore che per esempio cento frustate.
Si rimise a sedere sul letto e con un piede muovendolo dal basso verso l’alto spinse con leggerezza la mia testa a una postura più eretta portandola all’altezza del letto su cui era seduta. Mi applicò dapprima al collo il guinzaglio e poi in bocca una ball-gag. Concluse poi i preparativi di quel leggero ma intenso stato di bondage in cui mi mise con delle manette da bloccarmi le mani dietro la schiena.
Dopo di che tirò su maggiormente le sue gambe sul letto e regolò la mia testa col guinzaglio per portarla a contatto dei suoi piedi.
L’essere impossibilitato a prendere aria dalla bocca per via del bavaglio che mi aveva applicato mi fece capire che in quel momento ero sotto tortura da parte sua, potevo respirare solo col naso e lei abilmente col guinzaglio mi bloccava la testa e se la teneva nelle parti dei piedi che voleva farsi annusare, respiravo a fatica ma non mi sono mai sentito in pericolo e questa tranquillità mi permise di apprezzare al meglio il suo stupendo e inebriante odore che per me e le mie narici era un’essenza ipnotica della quale ero già in pochi istanti completamente assuefatto e dipendente.
Il giorno prima le avevo esplicitamente chiesto se alla sera potesse lavarli come faceva abitualmente e poi tenerli da quel momento fino al pomeriggio del giorno dopo quando ci saremmo incontrati nelle calze il più possibile evitando contatti a piedi nudi con pavimenti o altro. E di evitare di usare prodotti o creme nel caso ne usasse abitualmente alcune.
Questo perchè per me era molto importante percepirne prima l’odore e poi dopo il sapore naturale con la lingua, e dimostrai grande devozione nel farlo, in quanto in ogni respiro sempre molto profondo cercavo di tenere le mie narici sempre a contatto prima sulle calze e poi quando se le tolse sui piedi nudi.
Dopo un po' mi slaccio il ball-gag e con la bocca libera feci quello che nessun altro uomo ebbe avuto fino ad allora l'onore di fare, cioè leccargli i piedi. Gli passai la lingua tra le dita, glieli leccavo con grande passione e intensità, lei forzò la mia bocca più volte infilandoci l’intero piede e gli succhiai le dita una a una molte volte, sarei potuto andare avanti ore.
Non era la prima volta che leccavo i piedi a una donna, ma fino ad allora lo avevo fatto solo con donne non predisposte a un ruolo di padrona e aveva un fine rivolto all’eccitazione reciproca per arrivare poi all’atto sessuale. In quella situazione tutto assumeva però una chiave diversa e non sapevo di preciso cosa lei provasse e quanto avrebbe voluto andare avanti, ma di certo quel giorno non avremmo fatto nulla di sessuale come era concordato sin dalle prime parole che ci scambiammo settimane prima.
E per me era imprescindibile questa regola, in quanto se avessimo avuto un rapporto intimo alla pari sarebbe crollato tutto l’aspetto sensuale che si era ricreato fino a quel momento non lasciandomi nulla di importante in quella esperienza.
Difficilmente riuscirei a compararlo con una relazione sessuale, era una complicità decisamente diversa e un appagamento da parte mia quasi esclusivamente mentale, l’eccitazione del mio corpo non aveva importanza e questa cosa del limite del rapporto sessuale per me era oltremodo gratificante, e probabilmente fino a quel giorno pochissime altre relazioni erano riuscite a provocarmi un appagamento tale.
Poi mi tolse le manette e mi portò dalla zona del letto a uno spazio libero della stanza accompagnandomi col guinzaglio come un cagnolino e mi fece mettere sdraiato con la schiena a terra.
Delicatamente posò il piede sulla mia pancia a constatarne la tenuta e con movimenti apparentemente timidi cominciò a salirmi sopra un po' per volta con entrambi finchè non sentii tutto il suo peso comprimermi gli addominali e i pettorali che cercavo di irrigidire al massimo per attenuare il dolore. La loro pressione sui miei muscoli e le mie ossa mi fecero sperimentare un ulteriore sensazione molto piacevole mai provata. Quel dolore provocato dal suo peso su di me unito al sentire la forma dei suoi piedi adagiarsi sul mio corpo mi provocò molte scariche di forte erotismo e mi eccitai maggiormente di quello che avrei creduto in quella pratica da me poco approfondita e sottovalutata in passato.
Mentre era ormai con entrambi i piedi su di me ne allungò uno sul mio viso e provai uno dei moment più belli immaginando quella rappresentativa scena di dominazione e giovandone nel mentre di quel piacevole ed intenso sublime dolore.
Dopo alcuni minuti di calpestamento mi mise nuovamente a gattoni in ginocchio e si sedette sulla mia schiena, e dopo aver posato i piedi sulla mia testa prese da una tasca uno smalto e cominciò ad applicarselo sulle unghie delle dita dei piedi.
Fu molto bello anche quel momento, in pratica mi fece diventare uno sgabello umano con la mia testa usata come poggiapiedi, un suo tocco di classe che non mi aspettavo ma che difficilmente dimenticherò.
Quando finì si fermò e disse semplicemente "stop", in quanto purtroppo il tempo scarseggiava e dopo poche chiacchiere generiche per tornare alla normalità la salutai ringraziandola e presi la strada del ritorno lasciandomi alle spalle quel portone ormai molto simbolico per me.
Nel tempo che passai a tornare in stazione mi sentivo più vivo che mai, l’odore del suo piede era rimasto percepibile sul mio naso e mi faceva sentire ulteriormente meglio aiutandomi a tener vivo il ricordo di quei bei momenti.
Quel giorno presi consapevolezza del mio essere e di chi fossi in tutto e per tutto, da quel giorno nulla fu più uguale perché finalmente per la prima volta mi sentii libero di essere me stesso e non repressi mai più la mia natura…

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